Arrivano i pompieri

Nell’immaginario di ogni bambino vi è stato un momento di fascinazione verso il mondo dei Vigili del Fuoco, tanto da indurlo a pensare e dire almeno una volta «voglio fare il pompiere». Sicuramente gli automezzi che in caso di emergenza sfrecciano a sirene spiegate, costituiscono per molti un’attrazione irresistibile. Chi infatti non avrebbe voluto essere alla guida di quei grandi camion con le autoscale, caratterizzati da quell’intenso colore rosso? Chi non avrebbe voluto salvare vite umane spegnendo un incendio, guidando gli idranti con le proprie mani? Per questi motivi nella pubblicistica per l’infanzia si può trovare un’innumerevole serie di libri e libretti, anche per i più piccoli, che raffigurano i mezzi ed i pompieri in azione. Sono immagini che stimolano fantasia nei confronti di un’attività sicuramente coinvolgente e affascinante, e sottintendono però anche un messaggio: l’importanza del ruolo di pubblica utilità di questi mezzi e dedizione di queste persone, capaci di intervenire in tempi brevi per spegnere un incendio o per soccorrere gli automobilisti coinvolti in un incidente. Non a caso nelle esercitazioni e manifestazioni pubbliche sono proprio i bambini i soggetti più incuriositi e coinvolti e per questo sono sempre più diffusi i corsi per «piccoli pompieri» che tra l’altro interessano oggi anche molte figure femminili, tanto da ampliare in questo modo ulteriormente il numero degli ammiratori.

La positiva considerazione del Corpo dei Vigili del Fuoco non deriva evidentemente solo dall’imprinting dei giochi dei bambini, ma soprattutto dal valore culturale che questa attività rappresenta in qualsiasi realtà sociale. Dove tale istituzione non è composta da professionisti ma da volontari, il coinvolgimento della comunità è ancora più forte in quanto diretta espressione della popolazione e contribuisce ad aumentare il legame di appartenenza reciproco. Nelle realtà alpine, caratterizzate da una disseminata serie di piccoli centri abitati, questa figura è infatti radicata nella cultura locale, in quanto oltre ad assicurare una certezza nella gestione dell’emergenza, assume anche un ruolo nella gestione dell’ordine pubblico. In assenza di Vigili urbani o Corpi di Polizia locale, i Vigili del Fuoco hanno storicamente svolto il ruolo di pubblico ufficiale nelle festività civili e religiose e negli eventi importanti per la comunità. Succede infatti spesso che in molte famiglie vi sia un familiare che debba abbandonare improvvisamente il proprio lavoro e indossare la divisa per precipitarsi dove ­l’emergenza del momento richiede la sua presenza. Tale ruolo si estende evidentemente anche ad altre attività molto affini, come il Soccorso Alpino, la Protezione Civile o la Croce Rossa. Tutte queste associazioni, che coinvolgono persone pronte ad offrire gratuitamente il proprio tempo ed il proprio contributo, evidenziano una radicata tradizione di solidarietà sociale in una realtà dove tutti si conoscono e dove, nonostante le divergenze, in caso di necessità o pericolo, la comunità si compatta, si mobilita ed interviene.

La consistenza di questo fenomeno è misurabile nei numeri desunti dal rapporto annuale dei Vigili del Fuoco della Provincia di Bolzano che stima la presenza in Alto Adige di ben 17.300 Vigili del Fuoco, ovvero uno ogni 39 abitanti. Ma il dato che più evidenzia la capillarità di tali presìdi è il numero di sezioni esistenti, ovvero più di 310, rispetto ai Comuni che sono 116. Quindi non solo in tutti i Comuni esiste un corpo dei Vigili del Fuoco, ma vi sono molti più gruppi volontari che Comuni, segno della reale rappresentanza e frammentazione culturale del tessuto sociale della nostra provincia. Per questo motivo, dovendo riassumere questa immagine, abbiamo scelto come titolo di questo numero della nostra rivista «Feuerwehrland» ovvero il paese dei pompieri.

L’importanza che le realtà del volontariato, in particolare quelle legate alla gestione dell’emergenza, svolgono nella nostra società, è evidenziato dalla straordinaria attenzione che la Provincia ha destinato alle strutture ad esse dedicate. Sono stati numerosi infatti negli ultimi anni gli interventi di costruzione di nuove caserme, o di riqualificazione di alcune strutture preesistenti, che hanno visto in molti casi la riunione in un’unica sede di tutte le attività legate all’emergenza: Vigili del Fuoco, Protezione Civile, Croce Bianca. Questo ha permesso un’ottimizzazione degli spazi ed un’importante condivisione delle attività ma soprattutto un più efficiente servizio ai cittadini. L’azione di riqualificazione di queste realtà oltre allo scopo funzionale, persegue come si è detto, un fine culturale. Non si è trattato semplicemente di dotare il corpo dei Vigili del Fuoco o della Protezione Civile di nuovi e più adeguati spazi, per rispondere alle nuove esigenze funzionali e normative, ma di costruire architetture capaci allo stesso tempo di evocare il ruolo simbolico e sociale di queste istituzioni. Emerge quindi chiaramente il compito che l’architettura può svolgere, seguendo un doppio binario che vede da un lato lo sviluppo di un’approfondita ricerca tipologica per interpretare al meglio le nuove tecniche con soluzioni che possono assicurare una efficiente prestazione della struttura, e dall’altro lato un attento lavoro di maturazione formale dell’architettura che si deve confrontare con realtà fisiche, morfologiche e paesaggistiche molto diverse. Ciò è ancora più evidente visto che la posizione delle strutture è spesso individuata ai margini degli abitati, rendendole così facilmente accessibili ma anche più visibili rispetto al contesto, tanto da diventare in alcuni casi dei veri e propri landmark, che caratterizzano il paesaggio. 

Anche in questo caso, come avviene per la maggior parte delle opere pubbliche, tutti i progetti che presentiamo sono frutto di un concorso di progettazione. Definiti a livello provinciale o anche locale, aperti, o su invito di una ristretta rosa di professionisti, la scelta è sempre frutto di un confronto sul progetto. La qualità dei risultati, tolta quella eventuale patina estetizzante data dalle affascinanti immagini dei fotografi, evidenzia l’alto livello progettuale. In particolare se osserviamo le foto degli interni è evidente che queste realizzazioni non si misurano solamente con l’immagine visibile della caserma, data dal carattere dei volumi esterni, ma affrontano anche il tema della qualità degli spazi dedicati ai volontari che devono occupare tali strutture, a volte anche solo temporaneamente, ma con la consapevolezza di fare parte di qualcosa di importante.

Il senso di appartenenza al corpo dei Vigili del Fuoco, ma allo stesso tempo anche alla propria comunità, è ben sintetizzato nelle due immagini dei pompieri di Magré: il gruppo dei veterani, che rappresentano la tradizione, vede schierati gli ex volontari con la loro divisa e con alcune attrezzature d’epoca nel centro storico del paese; mentre il gruppo dei volontari in servizio, che rappresenta l’efficienza, la tecnica e la preparazione, vede la compagnia orgogliosamente schierata davanti alla nuova caserma dove anche la contemporaneità e la qualità dell’architettura diventa parte integrante dello spirito del Corpo Volontario. Questo orgoglioso senso di appartenenza è forse difficilmente comprensibile per chi non conosce a fondo la realtà sociale dell’Alto Adige, assimilata al proprio territorio e permeata da tradizioni popolari e religiose. Non a caso per i Vigili del Fuoco è centrale il ruolo di San Floriano, santo protettore raffigurato su molte caserme nell’atto di spegnere il fuoco, venerato dai pompieri per ottenere il suo sostegno ed invocato dalla popolazione, con il tono scherzoso e sdrammatizzante di una canzoncina popolare, cercando protezione per la propria abitazione, e sacrificando «eventualmente» quella altrui: Heiliger Sankt Florian, du Wasserkübelmann, verschon’ mein Haus, zünd’ andere an.



Alberto Winterle _Editoriale TURRIS BABEL 101_ 04|2016