Sul luogo della scelta

Lasciata la statale della val Pusteria, in prossimità del bar «zum Treyen», l’unico locale aperto al pubblico del paese, si accede a St. Sigmund. Non è difficile trovare la chiesa, effettivamente il campanile gotico colorato di rosso svolge con efficacia il suo ruolo di segnale. Passati davanti alla caserma dei vigili del fuoco e del centro giovanile, e poi all’edificio della scuola elementare e materna, si giunge al piazzale antistante alla chiesa, dopo averla potuta ammirare affacciata sul grande prato verde la cui dimensione sembra necessaria per mitigarne la mole, quasi fuori scala rispetto alla grandezza del paese. 

Le mura del cimitero cingono la chiesa dando l’impressione di voler costituire un solido basamento per ancorare l’edificio al suolo. Allo stesso tempo questi limiti fisici definiscono un necessario spazio di rispetto che svolge anche il ruolo di luogo di incontro e relazione, essendo infatti l’unico spazio aperto definito ed organizzato del paese.

Ritenuto però ormai insufficiente lo spazio del cimitero è stato ampliato con un’operazione molto discreta e rispettosa attraverso l’abbattimento di una limitata porzione di muratura e la riproposizione di alcuni nuovi setti murari in cemento armato capaci di creare interessanti relazioni con la preesistenza, mantenendo la continuità del piano lievemente inclinato del terreno. La struttura della canonica doveva essere demolita ma i progettisti sono riusciti a convincere la committenza a custodire e restaurare l’edificio che costituisce un elemento che dà misura alla chiesa ed agli spazi limitrofi. Guardando questi contenuti ma sapienti segni architettonici, mi chiedo per quale motivo la giuria abbia deciso di scegliere questo progetto, tra i 161 presentati, come vincitore del Premio Architettura Alto Adige 2015. Perché soprattutto abbia preferito un tema, che a prima vista può sembrare semplice e limitato, rispetto alla complessità del programma funzionale e delle condizioni urbane di molti importanti progetti recentemente realizzati in provincia. Evidentemente costruire un nuovo complesso residenziale, un edificio scolastico o una struttura sportiva occupando l’unico lotto libero all’interno di un quartiere privo di qualità nella periferia di una città, implica la necessità di proporre soluzioni e forme che difficilmente si possono riferire ai caratteri costruttivi presenti nell’immediato contesto. Quale può essere quindi la soglia tra la necessità di dare una giusta risposta formale alle esigenze funzionali espresse dalla committenza ed il bisogno di dare carattere alla nostra architettura? Quando un atteggiamento di rinuncia può configurarsi come forza e non come debolezza? Chi ci guarda dall’esterno, come hanno fatto i tre giurati, può rischiare di idealizzare il nostro paesaggio ritenendo eccessivi i segni e le soluzioni progettuali poco connotate al luogo? Rileggendo i criteri che la giuria si è data, i giudizi relativi ai singoli progetti premiati, ed analizzando i progetti presentati in questo numero ognuno potrà trovare una propria risposta alle domande poste. Per avere un ulteriore supporto capace di farci cogliere gli aspetti più profondi del luogo dove è situato il progetto vincitore, abbiamo inoltre chiesto a Leonhard Angerer di rivisitare per noi St. Sigmund ed il suo cimitero, durante i riti di commemorazione delle festività dei defunti, momento in cui tradizione, cultura e memoria si fondono, nello spazio definito dall’architettura, in ciò che costituisce la nostra identità. 

 

 Alberto Winterle _Editoriale TURRIS BABEL 100_ 12|2015