Dinamiche di cambiamento tra interesse Individuale e collettivo
Riferendosi alla velocità delle trasformazioni in atto nella Parigi di fine ottocento, Baudelaire affermava, in uno dei suoi celebri aforismi: «la forma di una città cambia più in fretta, ahimè! che il cuore di un mortale» («la forme d’une ville/change plus vite, hélas! que le coeur d’un mortel» Charles Baudelaire, Les Fleurs du Mal, Paris 1861).
Se pensiamo a realtà minori, rispetto alla dimensione ed alla complessità della capitale francese, il concetto può rimanere valido. Come e quanto sono cambiate le nostre città in un periodo che corrisponde alla vita di una persona? Come e quanto cambiamo noi in un arco temporale di questa entità? Se consideriamo un periodo storico che corrisponde agli ultimi ottant’anni, dalla fase tra le Due Guerre ad oggi, ci rendiamo conto che le molteplici trasformazioni urbane hanno modificato in modo radicale le città che oggi noi conosciamo e viviamo. Al nucleo originario sono stati aggiunti nuovi quartieri, nuove aree produttive, nuove infrastrutture, e ciò è avvenuto trasformando la campagna in città, aggredendo le pendici delle montagne e mutando radicalmente l’assetto urbano fondativo. Anche Bolzano, in questo arco di tempo, ha subìto importanti modifiche: al borgo storico di origini gotiche, posto alla confluenza dei fiumi Talvera e Isarco, si sono aggiunte due nuove città, oltre i fiumi: una di matrice razionalista destinata principalmente alla residenza al di là del fiume Talvera, e una destinata ad accogliere le grandi strutture produttive, artigianali e commerciali, più a sud, oltre il fiume Isarco. Sono oggi possibili nuovi cambiamenti tali da sconvolgere ancora una volta in modo considerevole gli equilibri della città? Che tempi e che modalità vi sono per mettere in atto tali trasformazioni? Chi governa il cambiamento e la rigenerazione della città? Quale disegno complessivo corrisponde al prossimo futuro di Bolzano? Chi, in ultima istanza, sceglie l’immagine della città?
Per cercare di rispondere a queste domande, e più in generale per analizzare le dinamiche urbane in atto, come già avvenuto qualche anno fa con la città di Trento, abbiamo provato a leggere ed interpretare la città di Bolzano affrontando i principali «fatti urbani» che ne condizionano la forma e l’immagine. Lo abbiamo effettuato indagando l’architettura, come suggeriva Aldo Rossi ne «L’architettura della città», in quanto primo dato concreto e verificabile, come mezzo per comprendere realtà più complesse, che coinvolgono lo spazio urbano, la cultura del luogo, le dinamiche sociali e più in generale la politica intesa come gestione e governo della polis. Abbiamo quindi analizzato e presentato alcuni progetti a scala urbana che si sono recentemente concretizzati: è il caso del quartiere Casanova, vero esempio di un’ultima visione utopica dell’edilizia abitativa bolzanina, dove il disegno di un nuovo quartiere, oltre a ridefinire un margine della città, si pone come possibile modello insediativo di riferimento, su cui oggi è tempo di fare un bilancio; o di alcune nuove strutture recentemente realizzate in via Macello, dove è invece l’iniziativa autonoma e privata a costruire città, fatta per addizione di singoli brani senza un disegno complessivo, in una parte di città posta «oltre» la ferrovia che sembra lontana e dimenticata, in attesa di un’iniziativa di pianificazione coerente e convincente. Un altro punto di vista ci ha portato a porre l’attenzione su alcuni progetti che stanno per essere realizzati come ad esempio la creazione del nuovo polo tecnologico dell’ex-Alumix nell’area industriale, promosso a modello di riconversione di una struttura produttiva in un contesto dove oggi molti volumi risultano sotto utilizzati o non più rispondenti alle contemporanee esigenze di una città ora a principale vocazione turistica. O sulla complicata e controversa vicenda del polo bibliotecario, che oltre al suo principale obiettivo di dare risposta ad un’esigenza funzionale, affronta, forse suo malgrado, i temi legati all’appartenenza etnica di una realtà complessa di confine, tanto che la buona intenzione di unire in un solo edificio le tre biblioteche cittadine, ora divise sia fisicamente che linguisticamente, viene vanificata a causa della localizzazione dell’intervento che prevede la demolizione di una architettura ora eletta a simbolo di solo uno dei tre orizzonti culturali che si doveva invece unire, mescolando libri, lingue e culture. Oppure ancora su alcuni progetti che, per la loro dimensione e complessità, possono costituire importanti opportunità per il futuro o essere solamente ipotesi irrealizzabili e già datate, a seconda della capacità di coinvolgere investitori pubblici e privati ambiziosi. È il caso della grande trasformazione dell’areale ferroviario (arbo), principale iniziativa di metamorfosi urbana a Bolzano, che potrà occupare un’area di notevoli dimensioni, in caso di dismissione dell’areale da parte delle ferrovie e della necessaria modifica del tracciato delle rotaie, in una posizione strategica posta a poche centinaia di metri dal cuore del centro storico. Ma è anche il caso della creazione di un nuovo polo commerciale che, grazie ad una norma urbanistica definita per stimolare l’iniziativa privata (pru), si insinua proprio tra l’areale ferroviario ed il centro storico diventando forse una spina nel fianco dell’operazione arbo, e della stessa amministrazione cittadina, incapace di governare lo strumento che doveva invece favorire le iniziative a cavallo del delicato equilibrio tra interesse individuale e collettivo. Questo succede anche per l’ipotesi di ridefinizione del collegamento tra il centro storico e la collina del Virgolo, paradigma dello storico rapporto tra la città posta sul fondovalle con le pendici delle sue montagne. Anche in questo caso la voglia di facilitare la «fuga dalla città», si contrappone al timore che si tratti solo di un tentativo per conquistare nuovi territori di espansione, vista l’esiguità di spazio non costruito e disponibile nella condizionante conformazione morfologica della conca bolzanina.
Per indagare questi «fatti urbani», aggiungendo un’ ulteriore livello di lettura, ci siamo affidati alle immagini di Nicolò Degiorgis che ha saputo cogliere, con l’occhio del fotografo ma anche con la sensibilità del testimone delle evoluzioni della società contemporanea, quegli aspetti che a volte noi non riusciamo a vedere. Per interpretare la città abbiamo inoltre chiesto ad alcune figure: architetti, urbanisti, paesaggisti, artisti, scrittori, musicisti, di dare una propria soggettiva lettura di singoli temi o luoghi, per arricchire ulteriormente la nostra indagine e cercare di comprendere Bolzano. Infine, aprendo ancora più lo sguardo, ci siamo affidati alle esperienze progettuali definite da tre università che hanno individuato nella città di Bolzano un luogo stimolante per le proprie esercitazioni architettoniche ed urbanistiche.
Molte aree e molti temi sono ovviamente ancora aperti e non affrontati: il futuro del «cuneo verde», enclave agricola rimasta quasi preservata nel tessuto della città; la ridefinizione dei margini come quello a sud dell’area industriale e quello verso Merano per l’area residenziale; la zona alla fine di via Druso ed il vicino areale dell’ospedale; la possibile dismissione del tracciato cittadino dell’autostrada A22 in caso di un suo auspicato allontanamento. Non potevamo essere ovviamente esaustivi, e questa non era infatti la nostra intenzione. Abbiamo voluto indagare alcune vicende urbane coinvolgendo nella discussione più soggetti per tentare di comprendere in che modo si governano oggi le trasformazioni. Per fare questo, non abbiamo però potuto rivolgerci agli attuali amministratori, che invertendo il concetto di Baudeleire, cambiano più in fretta della forma della città. Infatti in questo preciso momento il Comune si trova commissariato dopo le dimissioni del sindaco Spagnolli, dovute in buona parte alle vicende legate appunto ad una trasformazione urbana. Abbiamo quindi chiesto, in una sorta di prefazione, a Francesco Sbetti, curatore del Masterplan recentemente approvato, di ricostruire le vicende dell’importante esperienza di pianificazione urbanistica e di governo della città messe in atto dall’assessore Bassetti, e proseguite poi dopo la sua prematura scomparsa dall’assessore Pasquali.
Ciò che emerge dalle nostre letture, è che Bolzano è una città in bilico, dove la capacità politica e l’espressione della cittadinanza possono avere la capacità di costruire una visione di futuro e la forza di intercettare le necessarie risorse per realizzarlo, oppure rimanere in attesa di nuovi immaginari possibili. All’importante fase di pianificazione urbanistica che ha definito strategie e scenari possibili, deve ora seguire una stagione di concretezza che possa permettere di trasformare e concepire il piano non come fine ma come mezzo per riuscire ad attuare azioni specifiche. Rimane comunque che, citando ancora Aldo Rossi, il «problema politico della città» non può prescindere dalla necessità di scelta di un’idea di città che sia capace di determinare e governare le trasformazioni, senza subirle, capace cioè di realizzare se stessa.
Alberto Winterle _Editoriale TURRIS BABEL 99_ 11|2015