Storie di condizionamenti e di libertà

Se sulla copertina dell’ultimo numero, dove il tema dell’abitare era analizzato a partire dalla convivenza con la memoria del passato ed al dialogo tra architettura contemporanea e le strutture storiche, era riprodotta una freccia rivolta indietro, in questo caso la sua direzione è opposta. Riconfermare una struttura ed un luogo riconfigurandolo per nuove e diverse esigenze abitative può risultare più rassicurante rispetto alla sostituzione completa di un edificio preesistente o alla realizzazione di una nuova architettura in un contesto non ancora costruito. 

Introdurre nuovi segni nel paesaggio è una prerogativa stimolante per un architetto, ma allo stesso tempo costituisce un’importante responsabilità per chi, seguendo una propria ricerca, si misura con il contesto naturale e culturale di un luogo definendo un’impronta che può diventare nuovo riferimento. 

Le specificità del contesto fisico condizionano infatti le nostre scelte, così come le diverse possibili richieste della committenza ci portano ad optare per soluzioni progettuali differenti anche se riferite ad uno stesso luogo. Sono molti evidentemente i fattori che «costruiscono» il progetto, ma in primis vi è la sensibilità dell’architetto nel riuscire a comprendere e leggere la realtà con cui si confronta. Le strade da seguire possono essere molte e varie, alcune da percorrere in tranquillità ed altre più impegnative e impervie. Inserirsi seguendo il solco di una tradizione, intesa come cosa viva ed in continuo movimento, oppure evidenziare una netta contrapposizione tra ciò che oggi costruiamo e l’eredità del passato? 

Partendo da alcuni progetti di residenze recentemente realizzate da diversi studi nel nostro territorio, cerchiamo di leggere il fenomeno dell’architettura contemporanea altoatesina verificando se è possibile individuare una linea comune o quantomeno una direzione condivisa. Facciamo ciò spostando però l’attenzione dalle singole soluzioni formali, e dalla qualità dei dettagli, al contesto in cui esse si inseriscono, usando cioè l’architettura come pretesto per comprendere meglio il nostro territorio. 

Le trasformazioni sono infatti sempre un indice di riferimento per misurare il grado di comprensione dei luoghi e di assimilazione di quanto una cultura locale esprime.

Una particolare conformazione morfologica ci suggerisce possibili soluzioni funzionali e di sfruttamento dei livelli. L’orientamento e l’irraggiamento solare ci portano a determinare l’impianto di una struttura. La vicinanza di elementi costruiti, appartenenti all’abitare o allo sfruttamento agricolo del territorio, possono essere fertile fonte per ispirare gli elementi caratterizzanti del progetto. Ciò è quanto normalmente ha prodotto la tradizione costruttiva di un luogo e rimane riferimento anche oggi. I risultati però (succedeva nel passato ma oggi forse in modo più evidente) portano a soluzioni molto diverse legate sicuramente alla creatività del progettista ma anche ad una sempre più evoluta maturità dei soggetti coinvolti nel processo edificatorio. I progetti che abbiamo scelto per indagare questo tema sono perlopiù abitazioni singole e isolate, realizzate in luoghi molto diversi, dalle pendici della Bassa Val d’Isarco, alla conca di Novacella, dall’area turistica della Val Gardena alle zone residenziali della Val Pusteria. Anche i riferimenti rispetto alla «tipicità dei luoghi» sono differenti così come le tecniche costruttive ed i linguaggi formali, componendo in questa sommatoria una ricchezza che noi abitualmente riconosciamo come unità. 

Abbiamo tentato una lettura critica, coinvolgendo nella discussione lo studio bergmeisterwolf, autore di tre residenze i cui caratteri e luoghi con cui si misurano possono essere utili per affrontare il tema in modo più generale. La sequenza di opere che in questo numero poniamo alla vostra attenzione crediamo possa diventare importante materia per le riflessioni personali di ognuno di noi. Ciò che rileviamo, e che risulta evidente rispetto alle nostre premesse, è che in realtà gli stimoli ed i condizionamenti che troviamo misurandoci con le strutture storiche li troviamo anche nel momento in cui ci confrontiamo con un luogo e con un determinato paesaggio. La carta bianca quindi sembra non esistere, ma forse non è ciò che cerchiamo per rivendicare la nostra libertà espressiva.  

 

Alberto Winterle _Editoriale TURRIS BABEL 107_ 10|2017