La tradizione della contemporaneità

Per comprendere lo spirito di un luogo, ancora prima di cercare di interpretarne e valutarne le opere costruite, è necessario identificare una chiave di lettura e predisporre i propri sensi di conseguenza. Prendendo a riferimento lo stimolo di Reyner Banham che in «Los Angeles, L’architettura di quattro ecologie» evidenziava che «Così, come antiche generazioni di intellettuali inglesi impararono l’italiano per poter leggere Dante in originale, io ho imparato a guidare l’automobile per leggere Los Angeles», si pone la domanda di quale possa essere il linguaggio che possiamo imparare o quale atteggiamento dobbiamo assumere per leggere l’architettura altoatesina.

La sensazione provata seguendo i componenti della giuria, in due splendide giornate d’autunno attraversando alcuni dei luoghi più suggestivi della provincia, è stata quella di percepire la forza e l’armonia del paesaggio in cui le opere sono inserite come elemento generatore di bellezza. È necessario quindi immergersi in tale paesaggio per attivare i propri sensi alla lettura di ciò che l’uomo vi ha generato. Così abbiamo fatto, percorrendo la strada che dall’altopiano del Renon porta fino a Villandro avendo davanti agli occhi i colori dei prati ancora dominati da un verde acceso e degli alberi caratterizzati da un universo di sfumature, con sullo sfondo la cornice delle creste già innevate del Latemar, Catinaccio, Sassolungo e più in primo piano della massiccia sagoma dello Scilliar. 

Non si è trattato però solamente di un’ esperienza che ha permesso di apprezzare la piacevole vista degli elementi che la natura ci ha offerto, bensì di percepire quella fondamentale cura del paesaggio che chi ci vive ha avuto la volontà ed il bisogno di esprimere. Prati curati con l’erba attentamente rasata, staccionate in legno realizzate con una qualità che sembra quasi esprimere più un ruolo estetico che funzionale, spazi privati delle abitazioni mantenuti e curati come fossero degli interni. 

In questo contesto di apparente assenza di contraddizioni, che in alcuni luoghi appare quasi fastidiosa, anche i nuovi interventi architettonici si inseriscono senza creare particolari contrasti, diventando parte integrante del luogo. Fondamentale è però anche in questo caso il ruolo dei committenti. Chi si prende cura della propria casa e del proprio paesaggio, con lo stesso spirito investe con fiducia nelle capacità di chi con la propria professione interpreta il linguaggio contemporaneo. Fare le cose bene, fino in fondo, senza porre eccessivi dubbi sui limiti e sulle capacità di chi interviene, con la consapevolezza e l’ambizione di realizzare qualche cosa che potrà diventare esempio positivo.

Forse potrà sembrare una visione eccessivamente ottimista e compiaciuta, pur espressa con la consapevolezza che anche nella provincia di Bolzano vi sono contraddizioni ed eccessi, ma rimane un fatto che l’architettura contemporanea qui è ormai diventata un patrimonio comune. L’importante investimento nell’edilizia pubblica capace di promuovere la qualità attraverso i concorsi di progettazione – anche se sempre meno diffusi – così come la presenza di molte aziende e committenti privati che hanno voluto credere nella capacità degli architetti sono stati stimoli fondamentali per una crescita culturale e professionale diffusa. Sono questi i motivi che ci permettono di presentare oggi i progetti pubblicati in questo numero di Turris Babel, selezionati da una giuria qualificata per la nona edizione del Premio Architettura Alto Adige, come il frutto di una «tradizione» di ricerca contemporanea sempre più solida e riconosciuta. 

 

Alberto Winterle _Editoriale TURRIS BABEL 112_ 12|2018