Ovvero: vorrei cambiare colore. In un’epoca dove ormai tutto è “green”, dall’economia all’architettura, dall’energia al design, il termine di fatto ha perso gran parte della sua forza evocativa. La «moda» del green ha pervaso tutti i settori del fare umano, fino a diventare non tanto marchio di garanzia, ma un elemento di comunicazione e promozione per la vendita di prodotti ed immobili. Un’operazione di marketing più che una prassi sostanziale. Nel campo delle attività edilizie vi è stata sicuramente un’importante evoluzione, sia tecnica che culturale. Fino a pochi anni fa si costruiva senza dare la giusta importanza al consumo energetico degli edifici. I committenti, e più in genere gli acquirenti, di un edificio o di un alloggio avevano come unici parametri di valutazione il «costo a metro quadro», il costo di costruzione e la posizione dell’immobile. Dopo un’importante fase di sensibilizzazione pubblica e dopo una fondamentale attività di formazione dei progettisti, delle imprese e dei promotori immobiliari, siamo oggi passati alla realizzazione di edifici ad alte prestazioni energetiche, realizzati secondo parametri ormai codificati, dove le certificazioni energetiche non sono solamente un optional ma sono necessarie e prescritte per legge.
Anche gli interventi di rigenerazione urbana, che sostituiscono un’epoca di continuo consumo di suolo, sono realizzati ponendo al centro dell’attenzione la «sostenibilità» energetica e ambientale. I nuovi quartieri hanno come prioritario obiettivo l’abbattimento dei consumi e quindi la riduzione dei costi di gestione, a fronte di un investimento sulla qualità dei materiali e sulla loro corretta messa in opera. Rimane da evidenziare che rispetto al tema della rigenerazione energetica, posto che le nuove costruzioni saranno per forza di cose realizzate con parametri di qualità, l’attenzione si dovrà ora spostare sul patrimonio edilizio esistente. Molte delle abitazioni costruite negli anni del boom economico e turistico del Trentino sono infatti realizzate in un’ottica di massimo sfruttamento delle cubature e di minima attenzione per la qualità tecnica dell’involucro. Gli incentivi che prevedono bonus volumetrici e altre forme di agevolazioni per il recupero energetico del patrimonio edilizio esistente vanno infatti in questa direzione. Questo settore sarà molto probabilmente lo spazio in cui noi progettisti ci muoveremo in questi anni di contrazione economica e di riduzione degli investimenti.
Data quindi per scontata una fase di evoluzione tecnica, in parte già avvenuta, credo sia però importante soffermarsi a valutare se a fronte di un miglioramento qualitativo dei nuovi interventi, siano essi nuove costruzioni o trasformazioni dell’esistente, si possa registrare allo stesso tempo anche un miglioramento qualitativo più generale dell’architettura. Un nuovo edificio ad alte prestazioni energetiche, che raggiunge i più alti parametri tecnici, è allo stesso tempo un’architettura di qualità? Non necessariamente. Si possono infatti realizzare interventi virtuosi e di assoluta avanguardia dal punto di vista energetico ma che possono essere dei pessimi esempi rispetto all’evoluzione ed alla ricerca del linguaggio architettonico.
Forse i primi esempi di case in legno ad alta prestazione energetica comparsi all’inizio degli anni Novanta in Austria, nel Vorarlberg, lasciavano intendere che vi fosse un diretto legame tra avanguardia tecnica e avanguardia stilistica: le case, perlopiù uni o bo-familiari erano, infatti, caratterizzate da forme semplici e regolari, tetti piani, grandi superfici vetrate e rivestimenti esterni in doghe di legno. Abbiamo avuto l’impressione che la forza della necessaria innovazione tecnica portasse con se anche un automatico aggiornamento dei canoni stilistici dell’architettura contemporanea. Di fatto non è stato così, anzi proprio grazie all’evoluzione tecnica è stato possibile applicare elementi, impianti, materiali e finiture che permettono la realizzazione di edifici a basso consumo energetico anche in caso di edilizia “tradizionale” e di bassa qualità.
Persa quindi anche questa occasione, rimane sempre e comunque in capo a noi architetti la capacità di effettuare un percorso di crescita, evoluzione e di aggiornamento del linguaggio dell’architettura capace di creare una nuova cultura del paesaggio estendendo il concetto di «sostenibilità» anche alla qualità estetica degli edifici. Ciò è successo in tutte le epoche storiche, ma nella nostra provincia, oggi, questa evoluzione fatica ancora ad emergere.
Alberto Winterle _Editoriale a 4|2013