Le parole e le cose

Negli ultimi mesi si sono susseguite numerose iniziative legate al tema del costruire in montagna. Risulta evidente che si tratta di un argomento che tocca la sensibilità non solo degli addetti ai lavori ma anche, più in generale, di tutti gli appassionati di montagna, che vedono con preoccupazione qualsiasi intervento di trasformazione del paesaggio alpino.
Anche la nostra rivista, affrontando tale tematica, ospita alcune opinioni di figure che in diversi modi sono direttamente coinvolte nel processo costruttivo. Non è però difficile trovarsi d'accordo se ci limitiamo ad esprimere delle opinioni e quindi se ci limitiamo "alle parole". Progettare e costruire confrontandosi con il contesto, reinterpretare i canoni della tradizione costruttiva locale, cercare un rapporto armonico con il paesaggio .... Sono questi concetti che ci trovano logicamente tutti concordi. Se però passiamo "dalle parole alle cose", ci accorgiamo che vi sono interpretazioni diverse e soggettive dei concetti sopra citati.
Ciò è particolarmente evidente se guardiamo il progetto, qui presentato, per l'ampliamento del rifugio Boè: encomiabili premesse per un risultato diametralmente opposto.
Per questo motivo vorrei evitare di spiegare e argomentare in che modo l'architettura contemporanea può oggi, in modo più maturo rispetto al moderno, costituire l'evoluzione delle modalità costruttive alpine in un coerente rapporto con il luogo. Ritengo molto più efficace affidarmi alle immagini di alcune diverse tipologie di progetti dell'architetto svizzero Hans Jörg Ruch, curate da Michele Andreatta, che in un contesto simile al nostro presenta quattro soluzioni esemplari di ciò che significa oggi costruire in montagna.

Alberto Winterle _Editoriale a 3|2013